La fine del corso e la mola.

Rifletto.

La fine di un percorso, sia esso una maratona, un viaggio o un corso di scrittura porta sempre a una riflessione.

Sette mesi fa la mail di conferma per l’iscrizione. Due mesi dopo l’inizio. E ora, quattro mesi dopo quel primo Febbraio, la conclusione.

Ieri sera con il piede sull’acceleratore, sola in un’autostrada vuota, mentre la voce di una primissima Nina Persson tentava di distrarmi, non potevo fare a meno di commuovermi. Già, perché questi quattro mesi di “lunedì sera a Treviso” mi hanno presa per mano e condotta verso la fine di un cammino. Mi sembrava così lontana la giornata di ieri, che non mi sono resa conto di averla superata. E quando nel buio di un lunedì notte nemmeno un camion accompagnava il mio tragitto verso casa, tutto è esploso in un secondo.

Che cosa scriverò nell’esercizio per il prossimo lunedì? Nulla. Non ci sono esercizi.

Come sarà la prossima lezione? Nulla. Non ci saranno prossime lezioni.

Di punto in bianco, mi sono resa conto che ora tocca a me. Non ho più scuse, più pretesti, più appigli. Non c’è più un insegnante che possa dare un consiglio, né un compagno con cui potermi confrontare. Certo, ci sarà sempre qualcuno a cui chiedere, ma dovrà partire tutto da me.

Il tempo del tergiversare è giunto al termine.

Lo strumento con cui scrivo è stato affilato sulla mola, ora è pronto per essere usato. Non so ancora cosa produrrà; forse andrà smussato di nuovo, preso a martellate, scagliato al suolo in impeti d’ira e poi ripreso per essere usato ancora.

Basta avere paura, è ora di tuffarsi.

MOLA