Cerco di distrarmi, di focalizzarmi su quanto di meraviglioso ho davanti ai miei occhi, per non pensare a quello che dovrò affrontare i prossimi giorni.
Dalla terrazza del trentasettesimo piano è facile perdersi nelle svariate gradazioni di blu che si stendono all’infinito verso est; si potrebbero trascorrere le ore a osservare come cambiano i colori con le maree che spostano i banchi di sabbia. Se si è fortunati può capitare di scorgere un lamantino, o uno squaletto, o una razza, anche se i veri protagonisti, secondo me, sono i pellicani: li si può vedere volare in formazione, spingersi oltre le correnti ventose giù in picchiata, per tuffarsi poi nell’oceano da dove usciranno con un carico di pesce fresco nel becco. Li adoro, i pellicani. Hanno sempre quell’aria così menefreghista, come se nulla potesse scalfirli. Spesso si lasciano trasportare dalle onde fino ad arrivare a poca distanza da noi umani, e se ne fregano.
Ce n’era uno, anni fa, che amava oziare sul molo dei pescatori dall’alba al tramonto. Attorno a lui succedeva di tutto: bambini che correvano, pescatori improvvisati che imprecavano, turisti che gli scattavano decine di foto, inclusi gli immancabili selfies, e lui niente, se ne stava lì appollaiato sul parapetto del molo, ad osservare impassibile quello che lo circondava, scrutando oltre la superficie dell’acqua per cogliere un guizzo subacqueo, il suo pasto. E sono certa che dentro la sua testona rotonda di pellicano di mare, pensava a quanto fossero stupidi quegli umani che perdevano la testa dietro inutili faccende, come scattare selfies, o sciogliersi per ore sotto il sole dell’Equatore nella speranza di pescare un misero pesciolino.
Mentre mi perdo nel mare e mi consolo con l’infrangersi delle onde, a poche ore dalla partenza per la città dei miei fantasmi, mi domando se i prossimi giorni, quando affronterò una delle più grandi battaglie della mia vita, sarò in grado di essere cinica e distaccata come quel pellicano sul molo, attenta solo alle mie necessità di benessere e sopravvivenza. Quando mi troverò faccia a faccia con uno di quei fantasmi in agguato, proverò a chiudere gli occhi e a ripensare ad ogni dettaglio di quel pellicano, quasi ad assumerne le sembianze.
E i fantasmi diventeranno innocui e superflui oggetti di una scena in cui la sola cosa che mi importerà sarà quella di tuffarmi nell’acqua per riemergerne sazia e felice, lasciando che il sole asciughi le mie piume.